30 Gennaio – San Giovanni Crisostomo (+407) per le Chiese d’Oriente

La dolorosa prova dei palestinesi cristiani e musulmani

Shutterstock/Dmitriy Feldman svarshik
Shutterstock/Dmitriy Feldman svarshik

Sulle colline della Cisgiordania, al sud-est di Betlemme, da secoli vivono nella cittadina di Beit Sahour quasi 14 000 palestinesi di fede cristiana. Dal 7 ottobre scorso, dopo l’aggressione di Hamas, i soldati israeliani hanno depositato mucchi di macerie all’ingresso della città, impedendovi l’accesso in auto. Bisogna proseguire a piedi, le strade sono vuote, è una città fantasma. Dall’inizio della guerra, indipendentemente dalla loro fede, i palestinesi sono più ostracizzati di prima.

Eppure, in questa città gestita dell’autorità palestinese, i cristiani hanno quasi sempre vissuto in pace. Nel centro di una piazza troneggia la cappella della Fontana di Maria alla quale, secondo la tradizione, la Vergine si è dissetata durante la fuga in Egitto. E se Beit Sahour fa parte dei territori occupati da Israele dal 1967, la città è nota per la resistenza non violenta nelle ultime intifada.

Joseph bada al negozio di suo padre quando si assenta. A 23 anni, nativo di Beit Sahour, è un fervente cattolico ortodosso e non esce mai dal lavoro senza baciare una statuetta della Madonna. Dal 7 ottobre è sul chi vive, soprattutto di fronte ai soldati israeliani che pattugliano giorno e notte. «Prima, per noi di fede cristiana era facile recarsi in Israele, ma Tsahal ormai non fa più distinzioni tra i palestinesi.» Dall’attacco di Hamas, i cristiani e i musulmani sono riuniti attorno alla loro identità palestinese, sono un tutt’uno. Gli abitanti di Beit Sahour rimangono reclusi. Firas Ibrahim, 33 anni, sul braccio sfoggia un’imponente tatuaggio che rappresenta la corona di spine di Cristo. «Sono cristiano e fiero di esserlo (…) Non abbiamo più diritto di entrare in Israele.»

A qualche centinaio di metri da Beit Sahour, la città di Betlemme veglia religiosamente sui suoi fedeli. Gli alberghi della città sono vuoti, circa 3 000 e 4 000 palestinesi che lavoravano in Israele sono disoccupati a causa dell’impossibilità di recarsi sul territorio. «L’impatto si avverte su tutta la nostra economia perché non hanno più potere d’acquisto e non possono più comprare nei nostri negozi» si lamenta il padre Issa Hijazeen, prete della chiesa di Nostra Signora di Fatima a Betlemme. Senza pellegrini e senza fedeli stranieri, è l’anima di Betlemme che si svuota progressivamente.

Adatto da: lavie.fr

Abbonarsi è facile e basta un clic per annullare l'iscrizione.
Perché aspettare? Iscriviti subito, il servizio è gratuito!