Oggi finisce il mese dell’anno dedicato ai nostri defunti. Sembrerebbe che il senso della preghiera per i morenti stia svanendo ai nostri giorni, eppure è importante ricordarlo. E’ un peccato che nella nostra società materialista la morte non sia piu’ considerata un evento liturgico, ma solo come un caso clinico, affidato ad alcuni specialisti, e nascosto al pubblico.
Non si veglia piu’ sul defunto. Ci si affretta per assicurarsi che sia in Paradiso per essere dispensati dal dover pregare per questo. Potremmo dire che la nostra società ha completamente dimenticato quello che veicolava una saggezza secolare e universale : l’ars moriendi (l’arte di morire).
Ai piedi della croce di teneva Maria, Nostra Signora della Compassione. Ecco perché speriamo nella sua assistenza nell’ora della nostra morte, come fece per suo Figlio gesu’, “il Primogenito di molti fratelli” (Rm 8,29). La Passione del Figlio di Dio al Calvario non è cio’ che Gesu’ nel Vangelo di Giovanni chiamava precisamente : l’ora, l’ora della sua morte, la sua ora ?
L’ora della Passione di Gesu’ è anche l’ora di compassione della Vergine. Preghiamo anche per la nostra ora, perché sia anche l’ora di Maria, consolatrice degli afflitti ! L’esperienza comune mostra che molti agonizzanti fanno appello spontaneamente alla loro madre. Il grido “Mamma” scaturisce da tutte le labbra sofferenti e angosciate. Il bisogno di una tenerezza materna in questi momenti strazianti è ancorata profondamente nella natura umana.
L’invocazione di Maria nell’ora della nostra morte sembra cosi’ una delle manifestazioni piu’ commoventi della pietà cristiana. Nella sua grande saggezza la Chiesa, esperta in “umanità”, offre ai suoi fedeli delle parole di grande fiducia per l’ora decisiva. Ma non è come un passo indietro nostalgico verso un’età infantile il nostro pregare Maria. Al contrario, è come proiettarsi verso un futuro in cui sappiamo che nostra Madre ci precede e ci aspetta (...).
Ci precede, ci aspetta, ci accoglierà, lo speriamo. Ecco perché la liturgia della Chiesa la chiama “porta del cielo sempre aperta” e ci supplica di guardare la stella per raggiungere il porto della felicità.
Tradotto e adattato da un estratto di un libro di Padre Guillaume de Menthière, Je vous salue Marie, Parigi 2000
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