Nell’opera di Maria Valtorta L'Evangelo come mi è stato rivelato, la Vergine Maria, ritornando dopo molti anni alla grotta di Betlemme con Gesù e i suoi Apostoli, evoca adesso l’ora della nascita di suo Figlio, mostrando i luoghi precisi dove tutto si è svolto mentre Giuseppe riposava, addormentato:
«E poi il silenzio e il sonno avvilupparono il Giusto […] Una voce dalla terra, ancora: “Dormi, Maria?” Oh! Così lontana! ...Un’eco, un ricordo della terra! ...E così debole che l’anima non si scuote, e non so con che rispondo, mentre salgo, salgo ancora in questo abisso di fuoco, di beatitudine infinita, di preconoscimento di Dio…fino a Lui, a Lui…Oh! Ma sei Tu che mi sei nato, o sono io che sono nata dai trini Fulgori, quella notte? Sono io che ho dato Te, o Tu mi hai aspirata per darmi? Non so…
E poi la discesa, di coro in coro, di astro in astro, di strato in strato, dolce, lenta, beata, placida come quella di un fiore portato in alto da un’aquila e poi lasciato andare, e che scende lentamente, sull’ali dell’aria […] e si ritrova sulla zolla natia…Il mio diadema: Tu! Tu sul mio cuore…
Seduta qui, dopo averti adorato in ginocchio, ti ho amato. Finalmente ti ho potuto amare senza barriere di carne, e da qui mi sono mossa per portarti all’amore di quello che come me era degno d’amarti fra i primi. E qui, fra queste due rustiche colonne, ti ho offerto al Padre. E qui Tu hai riposato per la prima volta sul cuore di Giuseppe…
E poi ti ho fasciato e insieme ti abbiamo deposto qui…Io ti cullavo mentre Giuseppe asciugava il fieno alla fiamma e lo teneva caldo poi mettendolo sul suo petto, e poi lì, ad adorarti tutti e due, così, così, curvi su Te come io ora, a bere il tuo respiro, a vedere a che annichilimento può condurre l’amore, a piangere le lacrime che si piangono certo in Cielo per la gioia inesausta di vedere Dio.»
Tratto da L’Evangelo come mi è stato rivelato, vol. III, capitolo 207, paragrafo 6, Maria Valtorta